

Petrignone, Sangiovese DOC Riserva, 2017 - Tre Monti Azienda Agricola
*Prezzi incl. IVA più spese di spedizione
Disponibile
Il Sangiovese “Petrignone” di Tre Monti è un vino pulito ed elegante, dotato di un corpo pieno e dinamico e di una chiusura piacevolmente fresca. Il Sangiovese rappresenta il vitigno più importante dell’azienda. La famiglia Navacchia si dedica alla viticoltura fin dai primi anni Settanta, quando Sergio decise il suo investimento in questo settore. Oggi ci sono i suoi figli, Vittorio e David, a portare avanti l’attività.
Le uve che danno vita a questo Petrignone “Sangiovese” sono coltivate a Petrignone, a circa 200 metri di altitudine, esposte a sud e allevate a cordone speronato; godono di un terreno formato da argille evolute con buona percentuale di sabbia e ciottoli in affioramento. Tutti i vigneti sono coltivati secondo le metodologie della lotta integrata, che prevede l’inerbimento tra le file.
Vinificazione: Macerazione di 12 gg. A 28° -30 ° C e conseguente fermentazione malolattica
Affinamento: In barriques di Allier di media tostatura di secondo e terzo passaggio, per sei mesi
Produzione media anno: 25.000 bottiglie
Colore: Rosso rubino luminoso
Profumo: Intenso di frutta polposa, ciliege nere, e note speziate di pepe nero
Sapore: Buon riscontro olfattivo-gustativo e buona persistenza
Abbinamenti gastronomici: si abbina a tutte le carni rosse semplicemente cotte alla brace ma anche a paste all’uovo con condimenti a base di carne (tagliatelle alla bolognese).
E’ un vino da invecchiamento.
Annata: 2017
Contenuto: 0,75l
Denominazione: Romagna DOC Sangiovese
Vitigno: 100% Sangiovese Riserva Oriolo
Vigna: Vigna dei Fichi, Petrignone (Forlì)
Provenienza: Emilia Romagna
Terreno: Argilloso-sabbioso
Sistema di Allevamento: Cordone speronato
Anno d'impianto: 1968
Data della vendemmia: fine settembre
Temperatura di servizio: 16°- 18° C
Grado alcolico: 14,5%
Residuo zuccherino: 5 g/l
Acidità totale: 6,4 g/l
LA STORIA DI UNA PASSIONE DI FAMIGLIA
Certe scelte “di vita” si fanno a volte in modo non razionale, magari con la convinzione di essere guidati dalle emozioni, dai sentimenti, quando invece, più o meno inconsciamente, si obbedisce a qualcosa dʼaltro. Così fu quando, allʼinizio degli anni ʼ70, Thea e Sergio Navacchia diedero il via a questa avventura. E così è stato quando David e Vittorio, alla morte della loro mamma, nel 1989 decisero che fare vino sarebbe stato il lavoro della loro vita.
Sergio e Thea sapevano che sarebbero stati dei rivoluzionari. Una rivoluzione che partì in vigna (fra i primi a piantare con grandi densità per ettaro e a sperimentare con vitigni non tradizionali) per proseguire in cantina. Collaborazioni importanti con la migliore enologia italiana: un giovanissimo Francesco Spagnolli nei primi anni ottanta, quindi Vittorio Fiore fino ad arrivare a Donato Lanati, i cui insegnamenti sono stati fondamentali per la crescita di Vittorio come responsabile della gestione agronomica ed enologica dellʼazienda.
I PODERI
L’azienda è costituita da due corpi poderali, uno sulle colline imolesi, l’altro su quelle forlivesi. La superficie agricola complessiva si estende su circa cinquantacinque ettari, tutti coltivati a vigneto. La zonazione dei terreni aziendali ha posto in evidenza una grande gamma di composizioni anche all’interno dello stesso appezzamento, rendendo obbligatoria una ulteriore suddivisione in micro-zone. La conoscenza capillare dei terreni ha permesso la messa a dimora delle varietà più compatibili con ogni singola specificità. I risultati sono nella ricchezza di qualità e nella diversità delle uve ottenute.
LE VIGNE
Albana, trebbiano e, naturalmente, sangiovese.
L’albana, primo bianco italiano ad ottenere la DOCG nel 1987, è oggi sintesi di antiche esperienze e moderni saperi. La varietà in cui è coltivata è quella definita “della Serra” ed è da questa che si ottiene un vino dal carattere deciso, specchio di un territorio fortemente connotato. Un condensato di originalità che trova estimatori in tutto il mondo. L’azienda può poi contare su una sorta di laboratorio naturale: i due territori sui quali si sviluppa hanno rappresentato nel tempo (e costituiscono tuttora) una vera scuola di approfondimento del vitigno romagnolo per eccellenza, il sangiovese.
Se nel comune di Imola si ricavano vini freschi e vivaci, in quel di Forlì i vini si fanno più complessi ed austeri, non privi di una certa mineralità, influenza di un mare non molto distante. Così, la conoscenza profonda del territorio, il confronto che si instaura vendemmia dopo vendemmia, hanno portato a voler concentrare molti degli sforzi proprio su questi vitigni, un contributo al perpetrarsi della storia viticola romagnola più autentica.
BIOLOGICI, MA NON PER MODA
Forti di un rapporto così stretto con i nostri vigneti e con il nostro territorio, l’approdo ad una filosofia produttiva (in vigna e cantina) più naturale e rispettosa dei luoghi dove viviamo e lavoriamo è stato un fatto del tutto naturale.
Passando attraverso la nascita di due vini senza solfiti aggiunti (Sono bianco e Sono Rosso, fra i primi in Italia) giungiamo così, a partire dalla vendemmia 2014 alla certificazione biologica di tutta la superficie aziendale e di tutta la filiera produttiva.
Un percorso che ci è sembrato quasi scontato, ma di sicuro non frutto di calcoli commerciali o mode del momento.
















